“L’archeologia vive di storia”: così tuonava qualche anno fa Mario Torelli, insigne archeologo e premio Balzan per l’archeologia, recentemente scomparso. Un’affermazione che, nel panorama contemporaneo, di fronte allo strapotere delle tecnologie e all’impiego sempre più pervasivo delle scienze applicate in tutti i processi della ricerca archeologica,assume un carattere di estrema attualità. Se a segnare i percorsi della ricerca non sono le domande storiche di base, se non si ricostruiscono contesti avendo come obiettivo la comprensione dei bisogni, delle idee, dei significati di chi ha prodotto quella cultura materiale, dato primordiale della ricerca archeologica, tutto rischia di andare a perdersi. 

Un tema sul quale, forse, oggi, anche alla luce dell’emergenza pandemica e della “rinascita” che l’Europa è pronta a darci con un’iniezione di risorse finanziarie mai viste, occorrerebbe riflettere per bene provando, se non altro, anche nel campo della ricerca sul patrimonio culturale a rimediare ad effimere mode del momento, richiamando l’attenzione all’importanza primaria e sociale del racconto storico, a cui l’impiego di metodologie, tecnologie e scienze deve contribuire. Solo così l’archeologia può davvero definirsi disciplina modernissima, contemporanea, perché socialmente e culturalmente utile nella misura in cui, utilizzando dati e materiali provenienti da grandi cantieri della conoscenza, quali sono le nostre città, dove vanno sempre più emergendo intrecci di forze dinamiche, può aiutare a decifrare, contestualizzare e dare valore alla complessità delle società attuali.

 

La città contemporanea – e Catania è tra queste – è un palinsesto composto da contesti archeologici sparsi che si saldano, senza soluzione di continuità, con il presente. È questo presente che oggi ha bisogno di una messa a sistema organica per generare economie e valori attraverso la produzione e la condivisione di conoscenza. Abbiamo bisogno di ascoltare “storie”, nel senso più genuino e culturalmente pregnante del termine. Abbiamo bisogno di conoscenza affidabile, di qualità della ricerca, che va sempre più trasformata in racconto e messa in condizione di parlare a tutti.

La storia della città di Catania e di una sua area del centro storico (l’arteria stratificata di via Crociferi) sono diventati così luogo ideale per costruire un percorso comunicativo destinato a chiarire in che modo si può dare libero slancio alla creatività sociale, all’uso delle rovine e degli spazi pubblici per stimolare la politica ed agire sul tessuto sociale ed economico.

Con quest’idea in mente, il progetto TeCHNIC “Tools for Cultural Heritage maNagement In urban Contexts”, vuol dare soluzioni a precise domande storiche, ma vuole soprattutto, generare conoscenza, per narrare alla comunità le innumerevoli storie di cui è intessuto il suo passato.  Ciò richiede ricerca storica e documentale e rilettura di contesti che, benché scoperti da tempo,attendono ancora un’adeguata messa a valore nel tessuto della città contemporanea. È il caso, ad esempio, di via Crociferi e della adiacente piazza San Francesco d’Assisi, dove poco al di sotto degli splendidi edifici settecenteschi giacciono alcuni resti della Catania greca, romana e medievale, con testimonianze straordinarie, il cui valore e la cui importanza vanno adeguatamente trasmessi alla comunità: dal cosiddetto “portico dell’Atleta” di età romano-imperiale ai resti della “stipe” di età greca arcaica, con i suoi innumerevoli doni votivi studiati dal team di ricercatori coinvolti nel progetto.

Le più moderne tecnologie messe in campo ci aiuteranno a ricostruire, come in un laboratorio, un modello “virtuale” dello spazio reale, nel quale archiviare e analizzare dati, proporre ipotesi, progettare e avanzare soluzioni, ma soprattutto produrre conoscenza accessibile a tutti. Insomma, usiamo l’evoluzione nei secoli della nostra città per ascoltare storie e crearne di nuove, ogni qual volta il racconto di fatti ed eventi collettivi, s’intreccia con le innumerevoli esperienze, più intime e solo apparentemente banali, del quotidiano e del contemporaneo. È allo sviluppo di questa conoscenza che vogliamo contribuire, è questa l’idea di archeologia “contemporanea” che, oggi, ci piace coltivare.

Il volume scaricabile prova a dare senso e concretezza alle ricerche attuate in questi anni da diversi ricercatori che hanno sintetizzato i primi risultati ottenuti.

Un modo come conoscere la “città storica” dove convive la percezione e la concretezza di una unità e delle sue parti. La città diventa così il luogo per eccellenza del dialogo tra saperi e identità dove si concretizza quel passaggio dal frammento al contesto, che solo la ricerca scientifica inter e multidisciplinare sono in grado di assicurare.

A Cura di

Daniele Malfitana, Responsabile scientifico

 Antonino Mazzaglia, Coordinatore delle attività scientifiche e di general management

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