Raccogliere, conservare e tramandare il passato

Questi i punti cardinali di un percorso di ricerca che guarda al passato attraverso una dimensione dell’essere, e dell’uomo, che si snoda fino ai giorni nostri, rilevandone dettagli e imperfezioni! Ed è proprio attraverso le imperfezioni di un coccio, di un vaso rotto, di una statuetta votiva dal volto segnato o di un oggetto di devozione dai contorni incerti, che passa lo sguardo dell’uomo, l’occhio scrupoloso di chi la storia vuole raccontarla, fino ad innovarla: l’archeologo, il ricercatore.

Un uomo. Un archeologo. Un ricercatore: colui che ricostruisce l’identità di un territorio o di un sito archeologico per riscrivere le pagine dei nostri libri di storia, analizzando e interpretando le testimonianze del passato con la pazienza e la passioni di chi deve talvolta osservare con una lente d’ingrandimento ogni singolo reperto.

Statuetta di offerente di porcellino e torcia

Un reperto. Uno fra tanti. Lì nella penombra, nell’attesa di una mano, quella dell’uomo, che rapida si allunghi per riportarlo alla luce insieme alla sua storia. E ancora… lì, nella sua eterna sosta, immobile nel suo spazio e mobile nel suo viaggio nel tempo, abile nel fuggire e nel suo incerto dondolare fra ciò che oggettivamente rappresenta e ciò che realmente tramanda; un segno che si fa parola e diviene in un volume digitale, ricordo puro: l’antica “reminiscenza” che nella filosofia platonica trova forma sulle righe dell’opposizione tra le categorie di attivo e passivo, fino all’attuale evoluzione sociale che tende alla percezione (o deframmentazione dell’idea) nel concetto di virtuale.


Un racconto. Un racconto virtuale. Quello di  G. Biondi, F. Caruso, R. Gigli e A. Pautasso (ricercatori ISPC CNR – Catania), che negli anni si sono dedicati allo studio e comprensione di alcuni ritrovamenti, veri e propri reperti, che vengono svelati capitolo dopo capitolo in questo percorso ideato e realizzato nell’ambito del progetto TeCHNIC; un testo ispirato alle vicende che ruotano intorno alla straordinaria scoperta archeologica della stipe di Piazza San Francesco (Via Crociferi, Catania); un contributo per un recupero sostanziale “della memoria collettiva”, da cui il titolo Anamnesi. Interrogare per ritrovare, scelto con l’intento di sviluppare un tema più ampio, che va oltre l’azione, si muove sui binari del “ricordo” e si rivolge a tutti noi per mostrare, quindi ‘ricordare’, chi eravamo ieri  per comprendere ciò che siamo ancora oggi.

 

anàmnesis vs mnème

Quel ‘ricordare’ che nel pensiero filosofico di Platone ha una duplice valenza, dal momento che può consistere in un mero avere in sé (o meglio conservare) le tracce delle sensazioni o delle conoscenze acquisite nel corso della vita (quale vita? in quale tempo?) – nella funzione che il filosofo definisce mnème – e il porre in essere un attivo, impegnativo e faticoso recuperare qualcosa di passato. 

É in questa azione di recupero che risiede la facoltà chiamata anàmnesis. Ciò che nel volume, come Platone nel V libro delle Leggi (in 732 b 8), vogliamo metaforicamente associare a: “la reminiscenza… l’affluire dell’intelligenza perduta […]“. Pura cooperazione tra sensi e ragione, nella percezione sensoriale dell’oggetto antico, che una volta compreso dalla mente nel suo significato più profondo (quasi divino, poichè divina è la sua natura), diviene punto di partenza di un processo più ampio, quello della ricostruzione razionale, quindi di interpretazione e appropriazione individuale. E muovendoci proprio attraverso questo sentimento di appropriazione, che vogliamo lasciare al lettore lo spazio, dinamico e interattivo, per la navigazione del volume.

Uno slancio virtuoso verso la conoscenza, nei tempi e nelle modalità che meglio occorrono per sfogliare pagine, immagini, modelli tridimensionali, giorno dopo giorno, nell’intimo della propria stanza, e per lasciare a ‘ciò che risiede nella penombra del passato’ la possibilità di ritornare alla luce in questo, e nel nostro personale, tempo presente.

Vaso configurato a testa di Acheloo, produzione greco orientale
Giusi Meli

Giusi Meli

PhD in Scienze per il patrimonio e la produzione culturale – Università di Catania, Disum
Responsabile comunicazione progetto TeCHNIC

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *